Caso Alitalia, Ue: «Aiuti illegali, ma Ita non c’entra»

10 Settembre 15:41 2021 Stampa questo articolo

Gli aiuti di 900 milioni di euro ad Alitalia sono illegali e lo Stato italiano deve recuperarli con gli interessi: lapidaria e perentoria la pronuncia della Commissione Ue in merito alla vicenda dei prestiti ponte statali concessi alla compagnia nel 2017. Notizia, ora confermata, che era stata anticipata dal Financial Times.

La nota diffusa da Bruxelles non lascia spazio a dubbi. Per Margrethe Vestager, responsabile Antitrust in Europa, i prestiti «hanno conferito ad Alitalia un vantaggio sleale rispetto ai suoi concorrenti, in violazione alle norme Ue in materia di aiuti di Stato». Essi, afferma, «dovranno essere recuperati dall’Italia per contribuire a ripristinare condizioni di parità nel settore europeo dell’aviazione».

La nota della Commissione Ue ricorda come la compagnia, “in perdita dal 2008 al 2017”, abbia manifestato “un urgente bisogno di liquidità, pur non avendo più accesso ai mercati del credito a causa del deterioramento della sua situazione finanziaria. Al fine di garantire l’operatività di Alitalia, nel maggio e nell’ottobre 2017, l’Italia ha quindi concesso alla compagnia due prestiti di importo, rispettivamente, di 600 milioni di euro e di 300 milioni. Contestualmente, Alitalia è stata posta in amministrazione straordinaria ai sensi del diritto fallimentare italiano”.

Il 23 aprile 2018, poi, la Commissione ha avviato un’indagine formale per stabilire se i due prestiti fossero conformi alle norme dell’Ue in materia di aiuti di Stato. “L’indagine – prosegue la nota – è stata avviata in seguito a una serie di denunce formali ricevute dalla Commissione nel 2017 da parte di compagnie aeree concorrenti, secondo le quali l’Italia avrebbe concesso ad Alitalia aiuti di Stato illegali”.

Ai sensi delle norme dell’Ue in materia di aiuti di Stato, infatti, “gli interventi pubblici a favore delle imprese possono essere considerati esenti da aiuti di Stato se lo Stato non agisce in quanto pubblica autorità, ma sulla base di termini che un investitore privato accetterebbe in normali condizioni di mercato”.

Una doccia freddissima che si abbatte anche su Ita. Proprio ieri il Consiglio dei ministri ha approvato una norma che adegua le procedure di cessione, già delineate dal legislatore, alle nuove esigenze connesse ai tempi di adozione della decisione europea della vicenda Alitalia e che prevede uno schema di autorizzazione basato sulla conformità del piano alla decisione della Commissione Ue.

Sempre in queste ultime ore, tra l’altro, è giunto il via libera della Commissione al varo della stessa Ita, specificando che “la newco non è il successore economico di Alitalia e quindi non è tenuta a rimborsare i vecchi aiuti di Stato illegali”. A proposito di Ita, non si placano le contestazioni dei sindacati in merito al nodo-contratti d’assunzione per i 2.800 dipendenti che la newco ha pianificato per il suo debutto sul mercato: in queste ultime ore la diatriba tra i vertici Ita e i sindacati è approdata, come era prevedibile, in Parlamento con interrogazioni sul modus operandi che il governo intende adottare perché Ita risulta a tutti gli effetti una compagnia aerea pubblica.

Infatti, alcuni parlamentari hanno rilasciato ai media osservazioni sul fatto che la Commissione Ue, pur avendo dettato condizioni molto pesanti, non ha mai chiesto che venisse disapplicato il contratto nazionale di lavoro. Quindi, se questo non verrà rispettato da Ita che è un’azienda pubblica al 100%, tante altre aziende private avranno, di fatto,  la massima legittimazione politica a seguirne l’esempio.

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Andrea Lovelock
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