Catalogna, i conti (negativi) della crisi

17 Gennaio 07:00 2018 Stampa questo articolo

Indipendenza e attentati: due voci che hanno fatto traballare il fiorente mercato catalano nella seconda parte del 2017. Se l’atto terroristico avvenuto lo scorso 17 agosto a Barcellona non ha avuto per fortuna ulteriori sviluppi, la crisi politica che ha investito la Catalogna negli ultimi mesi non si è ancora placata. Una frenata economica testimoniata dal nuovo segretario generale dell’Unwto, Zurab Pololikashvili, che nella sua prima uscita pubblica ha sottolineato come la Catalogna abbia fatto registrare un calo dei flussi del 15-20% nell’ultimo trimestre del 2017.

Pololikashvili ha colto l’occasione per rimarcare il sostegno alla Catalogna “come regione turistica” da parte dell’Unwto, ma ha sottolineato che per recuperare numeri e fatturati c’è bisogno di una stabilità che non sembra avvicinarsi dopo l’incerto esito delle elezioni del 21 dicembre. Gli arrivi dei turisti stranieri in Catalogna, infatti, sono diminuiti del 4,7% a ottobre scorso e del 2,3% a novembre, mentre il resto della Spagna continua a crescere.

Il segretario di Stato del turismo, Matilde Asián, ha rimarcato la sua preoccupazione soprattuto per il settore Mice. Gli ha fatto eco il vicepresidente di Meliá Hotels, Gabriel Escarrer, che ha sottolineato come il rischio di una secessione catalana ha avuto un impatto economico molto più forte degli attentati, provocando una perdita di circa tre milioni di euro. «La crisi politica ha coinciso con l’alta stagione degli hotel urbani, il nostro core business», ha ricordato il manager.

L'Autore

Gabriele Simmini
Gabriele Simmini

Giornalista. Specializzato in trasporto aereo e ferroviario, economia, agenzie di viaggi, tecnologia ed estero. Segue convention e fiere internazionali.

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