Cinquanta sfumature di numero chiuso: il travel 2022 secondo Ejarque

Cinquanta sfumature di numero chiuso: il travel 2022 secondo Ejarque
20 Luglio 07:00 2022 Stampa questo articolo

Numero chiuso nelle città a forte vocazione turistica per gestire al meglio l’overtourism? È la linea di recente sposata dal ministro del Turismo, Massimo Garavaglia. Un tema fortemente dibattuto, che vede impegnato in qualità di consulente per le destinazioni Joseph Ejarque, fondatore della società FTourism & Marketing e autore tra l’altro del nuovo Piano per il turismo di Amalfi, basato, appunto, sull’imposizione di un tetto ai visitatori. Lo abbiamo intervistato per analizzare con lui pro, contro e varianti di tali misure di gestione dei flussi turistici.

ejarquePerché una destinazione dovrebbe adottare il numero chiuso?
«È consigliabile solo in determinati casi. Non si tratta di stabilire discriminazioni per tipologia o capacità economica di un visitatore rispetto a un altro, ma stabilire un numero chiuso serve per controllare i flussi e gestire adeguatamente e sostenibilmente i flussi per garantire, non solo la conservazione delle attrazioni, ma anche per migliorare l’esperienza di visita. Noi non ci pensiamo, ma il mercato turistico attribuisce a una destinazione un determinato “valore”. Se si tratta d’una destinazione turistica affollata e non gestita, la percezione del suo valore nel mercato diminuisce, e di questo ne risentono gli operatori perché non possono applicare i prezzi o tariffe che considerano giusti o adeguati. Ma per potere decidere il numero chiuso, è fondamentale capire e calcolare la cosiddetta “capacità di carico”, ovvero il numero massimo di turisti e visitatori che possono esserci in contemporanea nella destinazione. Ad Amalfi, ad esempio, applichiamo la logica della gestione del flussi e il concetto di numero chiuso. E anche nella Maddalena abbiamo recentemente messo in piedi un sistema per delimitare il flusso di natanti in determinati punti tramite la prenotazione obbligatoria e determinando dove le barche possono fermarsi. L’idea di numero chiuso, se ben gestita, può essere positiva anche dal punto di vista del marketing turistico perché crea “desiderabilità”. Il discorso è semplice: “Se vuoi venire da noi, devi prenotare. Se il giorno che desidereresti venire, non c’è posto, vieni un altro giorno: noi ti aspettiamo!”. È necessario che le destinazioni che decidano di intraprendere questa strada, siano gestite professionalmente e senza improvvisazione».

Tecnicamente come funziona il contenimento dei flussi?
«Se il calcolo della capacità di carico e la gestione dei flussi si fa correttamente, si è dimostrato che non ci sono delle conseguenze importanti nell’attività economica turistica della destinazione. In realtà, l’essenza non è diminuire il volume di turisti o degli arrivi, ma quello di distribuirli sul territorio, evitando le concentrazioni, o distribuirli spazialmente, cioè con l’allungamento dell’attività turistica nella destinazione. Laddove si applicano queste misure, si migliora la qualità dell’esperienza turistica e si restituisce valore alle destinazioni: il cosiddetto “destination value”, che si traduce nel “destination average rate”, ovvero il prezzo medio di servizi e ricettività».

Dove è consigliabile applicare questo schema?
«L’applicazione è sicuramente la parte più complessa. Dipende se si tratta di limitare il numero di visitatori giornalieri o di turisti. Ovviamente in una grande città tipo Roma è molto difficile, ma in una destinazione con pochi punti di accesso come Venezia, Amalfi, La Maddalena, è più semplice. Per esempio, si può applicare soltanto con l’obbligo di prenotazione o magari concordando con le compagnie di navigazione il numero massimo di navi/visitatori al giorno come ha fatto per esempio Dubrovnik. Si può anche vietare l’accesso alle macchine, come ha fatto già tempo fa Zermatt, in Svizzera».

Ci sono alternative al numero chiuso?
«Esistono molte misure. Alcune forti come la prenotazione obbligatoria per potere accedere a una determinata destinazione, il divieto o il limite all’accesso di bus turistici, crociere, etc. Ma ci sono anche misure più dolci come l’imposizione di slot per la visita a determinati punti. Molte destinazioni, però, applicano misure ancora più delicate, ad esempio promuovendo attrazioni turistiche secondarie, creando itinerari alternativi, come ad Amsterdam, Berlino o Barcellona. Può venire in aiuto in tal senso anche la tecnologia con web app che indichino ai turisti il migliore momento per accedere a un’attrazione o al centro della destinazione. Ad esempio, durante il Covid, sono state sviluppate applicazioni capaci di informare sul numero di persone presenti in una determinata spiaggia. Tali sistemi sono stati conservati in alcune destinazioni spagnole per evitare il sovraffollamento sugli arenili».

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Andrea Lovelock
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