Il monopoli miliardario dell’hôtellerie in Italia

27 Giugno 07:00 2018 Stampa questo articolo

«Siamo seduti su una miniera d’oro. Lo eravamo anche prima, ma adesso è davvero arrivato il momento di sfruttarla». Insomma, se l’Italia è oggi più che mai nel radar degli investitori nazionali e internazionali, per essere vendute le “nostre” strutture hanno bisogno di essere prima riqualificate. E di abbassare i prezzi. Il mercato dell’hôtellerie in Italia – così come ha spiegato Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari, presentando nel corso di Hospitality Forum il “Rapporto 2018 sul mercato immobiliare alberghiero” (realizzato in collaborazione con Castello Sgr) – ha davanti a sé un grande potenziale, soprattutto se paragonato a quello del resto d’Europa e degli stessi Paesi mediterranei.

«In Italia (dove la maggior parte delle camere passate di mano ha riguardato i villaggi turistici di mare e montagna) il fatturato del mercato immobiliare alberghiero nel 2017 ha raggiunto quota 2,75 miliardi di euro di immobili scambiati con contratti di vendita o locazione, registrando un incremento del 14,6% rispetto al 2016 – prosegue il direttore – Il mercato dovrebbe mantenere lo slancio a fine 2018, con una crescita attesa del fatturato di circa il 13% su base annua, mentre per il 2019 si stima un rallentamento, sebbene permerrà il segno più».
Numeri positivi che valgono anche per il vecchio continente (+22% dei volumi transati), ma quello che conta all’estero è che è aumentata la qualità media degli immobili passati di mano.

Su e giù per lo Stivale, invece, nonostante la crescita del numero di strutture (nel 2017 sono 33.200 gli esercizi alberghieri, ma addirittura 145.300 gli esercizi extralberghieri), pesa ancora l’abbondanza di proprietà familiari. «È vero che negli ultimi tredici anni è più che raddoppiata l’offerta di 5 stelle, ma ancora troppe strutture sono di bassissimo livello. Lo dimostra il fatto che le catene, grandi e piccole, gestiscono solo l’1,8% del mercato», ha sottolineato Giampiero Schiavo, ad di Castello sgr.

Risultato: «Esiste ancora molto spazio di crescita, soprattutto nel leisure, anche perché i bilanci degli istituti di credito sono pieni di alberghi rimasti incagliati in fallimenti e procedure di liquidazione». E per il futuro, cambieranno anche le forme contrattuali. Dalla locazione semplice a sistemi partecipati tra proprietari e gestori, passando per il management contract.

Il tutto in attesa dell’ufficialità sul ministro del Turismo. «Il decreto per il passaggio della delega dal Mibact al ministero dell’Agricoltura è già pronto – ha detto Giorgio Palmucci, presidente di Confindustria Alberghi – deve solo essere approvato in uno dei prossimi Consigli dei ministri. Da parte nostra stiamo lavorando per l’Imu detraibile e calcolabile solo sulle superfici delle camere».

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Giorgio Maggi
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