Di anni ne sono trascorsi 44, un’enormità, da quando mister George T. Doran – direttore pianificazione della Washington Water Power Company – pubblicò su una rivista la formula a cui oggi s’inchinano le multinazionali di mezzo mondo. Si tratta dell’acronimo Smart: nome intelligente, appunto, dove la S sta per Specifico, la M per Misurabile, la A per Attuabile, la R per Realistico, la T per Time-based, ovvero temporalmente definito. Cinque aspetti per definire obiettivi e performance aziendali nei singoli team, affinché la macchina perdinci funzioni.
Quarantaquattro anni, dicevamo. Che non sono bastati a innestare un metodo, tanto semplice quanto efficace, nelle imprese italiane del travel. La verifica è presto fatta. Basta un giro di telefonate per addivenire a una conclusione: le aziende di casa nostra che lo maneggiano con disinvoltura sono una cinquina. Non di più.
Stesso discorso vale per l’Mbo, il giovane vecchio Management by Objectives, che solo ora entra timido nel settore, sebbene a inventarlo fu Peter Drucker la bellezza di 71 anni fa. E non è finita. A lui si agganciano i Kpi, acronimo da band coreana per i temutissimi Key Performance Indicator, metrica essenziale per misurare le prestazioni dei dipendenti. Da premiare o castigare a seconda dei casi.
Inutile girarci intorno. È da qui, da questo approccio manageriale (con relativo slang), che devono ripartire le nostre aziende per gestire in modo sano i propri capitali: quello finanziario, ancor più quello umano.
Il percorso è stato già avviato da alcune imprese familiari che si accingono al grande salto, generazionale e di mercato. Altre ancora vivono imprigionate nel fortino dell’artigianato, pur avendo in forza centinaia di lavoratori. E se questi talvolta sono incapaci di remare compatti non è certo per mera negligenza, ma per l’assenza di obiettivi chiari e condivisi. E di un sistema capace di stimolarli nel modo giusto.
Sembrerà paradossale, ma lo sforzo maggiore è richiesto ai migliori: quegli imprenditori più coriacei, che al tempo hanno saputo costruire imperi e oggi – tra Ai, Kpi e altre diavolerie – si trovano spaesati. A loro è richiesto il più netto cambio di mentalità. Una sterzata che si accompagna a due precise manovre: investimenti copiosi in tecnologia e l’ingaggio di manager talentuosi, cui delegare porzioni di comando per “reingegnerizzare i processi”.
E mentre, come ci auguriamo, si alzerà l’asticella delle aziende del travel, non potrà che sollevarsi anche la nostra. L’Agenzia di Viaggi Magazine, in barba ai suoi 60 anni, è ancora in grado di saltare. E lo farà con i propri lettori, fornendo – non solo un’informazione il più possibile corretta – ma anche strumenti, nozioni, spunti utili per traghettare le aziende nel futuro.
Partiamo subito con il servizio sul coaching, che apre il giornale in distribuzione a Rimini: un vademecum in 10 punti per ceo e top manager che abbiamo stilato raccogliendo le vision di tre allenatori sportivi di successo. Medesimo tema per il format #1minutoinfiera con video interviste ai player del turismo e dei trasporti sulle “regole d’oro per gestire i team”.
Che il viaggio nella mente delle imprese abbia finalmente inizio.



