Tutti i no alla criptovaluta di Facebook

17 Ottobre 11:06 2019 Stampa questo articolo

C’è il no di PayPal, il no di Visa e anche quelli di eBayStirpe Mastercard. Cinque no tutti per Libra, la criptovaluta di Facebook, che così come già si prevedeva dovrà faticare un bel po’ per dare seguito alle sue ambizioni tese a rivoluzionare il sistema dei pagamenti mondiale, rendendolo più accessibile.

Una serie di defezioni, queste, che però – al momento – possono solo limitare la corsa della moneta virtuale di Mark Zuckerberg: a Ginevra, infatti, è nata ufficialmente la Libra Association che avrà il compito di lanciare nel 2020 (evitando di conseguenza il tanto chiacchierato slittamento) la sua criptovaluta, con i firmatari dello statuto che sono stati 21 e hanno comunque il loro peso: si tratta di Anchorage, Andreessen Horowitz, Bison Trails, Breakthrough Initiatives, Calibra, Coinbase, Creative Destruction Lab, Farfetch Uk Limited, Uliad, Kiva Microfunds, Lyft, Mercy, Payu, Ribbit Capital, Spotify, Thrive Capital, Uber Technologies, Union Square Ventures, Vodafone, Women’s World Banking e Xapo Holdings Limited.

Ma non sono i mancati consensi di alcuni colossi l’ostacolo più difficile da superare. Sono le incertezze del quadro normativo il nodo più difficile da sciogliere, perché c’è la necessità di avere le approvazioni regolamentari e potrebbero non arrivare per tempo. Tradotto: il lancio di Libra nel 2020 potrebbe slittare.

Intanto, l’Unione europea resta ferma sulla posizione espressa dal vicepresidente responsabile dell’euro e dei servizi finanziari, Valdis Dombrovkis: «L’Europa ha bisogno di un approccio comune sulle criptovalute come Libra, voglio proporre una legislazione su questo».

E GRAM, SI FA? L’osso duro di Gram, la cryptocurrency di Telegram, sarebbe invece la Sec americana (Securities and exchange commission), che avrebbe bloccato il progetto – pronto a partire a fine ottobre – sul nascere. Il motivo? Pare che l’azienda di Pavel Durov – si legge su wired.it – avrebbe cercato di violare alcune leggi federali.

La Sec, infatti, ha ottenuto un ordine restrittivo temporaneo contro Telegram Group e la sua controllata al Ton Issuer, due entità con sede nelle Isole Vergini britanniche, colpevoli di aver condotto una presunta offerta di token digitali (considerati titolo azionario) non registrata che finora ha raccolto oltre 1,7 miliardi di dollari.

L'Autore

Giulia Di Camillo
Giulia Di Camillo

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