Boeing, adesso scatta anche l’allarme liquidità

Boeing, adesso scatta anche l’allarme liquidità
22 Marzo 15:52 2024 Stampa questo articolo

Ci mancava pure l’allarme liquidità. Al menù ormai quotidiano dedicato alle sventure di Boeing si aggiunge un nuovo capitolo, legato al rallentamento della produzione del 737 Max, come scrive il Sole 24 Ore. Un diktat imposto dalle autorità aeronautiche statunitensi come conseguenza dell’incidente di Alaska Airlines dello scorso 5 gennaio, il padre di tutti i recenti problemi.

Parlando in una conferenza a Londra, il direttore finanziario, Brian West, ha previsto un deflusso tra i 4 e i 4,5 miliardi di dollari nel primo trimestre: brucerà insomma più liquidità di quanto stimato a gennaio, a fronte delle ipotesi di inizio anno, pari a un miliardo di dollari. Gli analisti sono addirittura più pessimisti e parlano di un deflusso di almeno 5 miliardi di dollari. Roba da far impallidire Cassandra.

Il piano per raggiungere l’obiettivo di un flusso di cassa di 10 miliardi di dollari entro il 2025-26, quindi, richiederà più tempo, ha sottolineato West. Rinviato anche il target di produzione mensile di 50 Max entro il 2025, che invece verrà mantenuto sotto i 38 aerei al mese, livello raggiunto a fine 2023. Inoltre, il cfo ha ricordato che a partire dal mese in corso, Boeing ha smesso di accettare le fusoliere dalla Spirit AeroSystems perché incomplete oppure da riparare, un ulteriore motivo che ha pesato sul rallentamento della produzione, di cui – ha osservato West – «sentiremo l’impatto nei prossimi mesi».

Sul futuro meglio non sbilanciarsi a questo punto, West è chiaro: «Non siamo in grado di fare previsioni a breve termine a causa del lavoro che stiamo svolgendo sul gruppo. Diventeremo più precisi ma ci vorrà tempo». Già a gennaio Boeing aveva sospeso le previsioni finanziarie per il 2024 dopo l’incidente e West ha previsto che i margini della divisione aerei commerciali di Boeing saranno negativi per circa il 20% nel primo trimestre, la peggiore performance dalla fine del 2021.

Tra numeri poco lusinghieri, indagini penali, documenti smarriti, il giallo dei bulloni, cause degli azionisti e una concorrenza sempre più spietata, c’è davvero poco da ridere. Per non parlare della “mozione di sfiducia” del ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, con tanto di endorsement pubblico ad Airbus.

Non solo. In questo avvio nero di 2024, infatti, Boeing rischia di trascinarsi dietro anche le compagnie, che chiedono nuovi aerei per adeguarsi alla forte domanda di viaggi. Il ceo di Ryanair, Michael O’Leary, ha già dichiarato che la low cost irlandese – che vola con una flotta interamente targata Boeing – sarà frenata dai ritardi nelle consegne del colosso americano, oltre che dai problemi ai motori che affliggono gli aerei di Airbus. Non si salva nessuno, in sostanza.

Boeing, comunque, prova a reagire. Nel tentativo di arginare la crisi dopo il blocco della produzione del 737 Max, l’azienda sta operando anche una radicale riorganizzazione industriale. Una delle prime mosse è riportare nel perimetro il suo principale fornitore, Spirit AeroSystems uscito nel 2005 con un’operazione di spin off. West ha spiegato che Boeing non utilizzerà azioni per finanziare una potenziale acquisizione, valutata circa 3,5 miliardi di dollari, ma utilizzerà un «mix di liquidità e debito», aggiungendo che il rating di credito del gruppo resta una priorità.

“Torna a casa Spirit”, insomma, ma prima di avviare le trattative per riprendere il fornitore delle fusioliere del 737 Max, Boeing intende ridurre i suoi legami con il competitor Airbus che rappresenta un quinto del fatturato di Spirit. Il contratto più importante riguarda la produzione delle ali per l’A220 di Airbus, che escono dagli stabilimenti di Spirit dell’Irlanda del Nord. Il portafoglio ordini di Spirit, alla fine del quarto trimestre del 2023, ammontava a circa 49 miliardi di dollari e, secondo l’ultimo rapporto annuale, il 19% dei suoi ricavi deriva proprio dai contratti con Airbus.

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