Disegno di legge anti-Ryanair:
le intenzioni dei Cinque Stelle

16 Gennaio 11:07 2019 Stampa questo articolo

Regole uguali per le compagnie aeree che operano in Italia e revisione delle concessioni aeroportuali. Qualora andasse in porto e diventasse legge, avrebbe l’effetto di sconvolgere l’intero settore del trasporto aereo tricolore il disegno di legge presentato dal M5S, a opera dei senatori Giulia Lupo, Agostino Santillo, Mauro Coltorti, Gabriella Di Girolamo, Sabrina Ricciardi ed Emanuele Dessì. Facendo un favore alla nuova Alitalia e penalizzando i concorrenti low cost che operano nello Stivale, a cominciare da Ryanair.

Esaminato in Commissione Trasporti al Senato e destinato, se non ci sono intoppi, ad approdare in Aula a Palazzo Madama a febbraio, la proposta di legge punta non solo a rivedere la pratica dei contratti di comarketing attraverso la quale i piccoli aeroporti sovvenzionano le compagnie low cost (è previsto, a questo scopo, un sistema sanzionatorio), ma anche a stabilire contratti di lavoro uguali per tutti tra il personale dei vettori a basso costo stranieri che operano e fanno base in Italia e quelli dei lavoratori delle altre compagnie italiane.

«I vettori europei possano operare in Italia senza l’obbligo di stabilire nel nostro Paese una sede secondaria o una rappresentanza stabile – si legge nella bozza del ddl – Questo ha determinato svantaggi competitivi a danno del vettore aereo nazionale e ha ridotto la tutela normativa dei passeggeri-consumatori italiani che si rivolgono a vettori i quali, pur abilitati ad operare in Italia, applicano regole diverse. Tra gli Stati europei, l’Italia è il Paese in cui le compagnie low cost hanno raggiunto le quote di mercato più elevate nel trasporto aereo di linea».

Insomma, una dichiarazione sovranista in piena regola, rafforzata da quanto si legge più sotto. «I benefici dell’espansione del mercato del trasporto aereo italiano vengono assorbiti e sfruttati da compagnie straniere e gran parte di questa fuga di proventi è foraggiata da contributi palesi o occulti erogati da aeroporti o enti locali italiani a favore delle compagnie low cost», si legge ancora nel ddl. «Le compagnie aeree in questione – si rileva – si trovano in una posizione di forza, poiché si stabiliscono con la maggior parte degli aerei su un dato aeroporto, costringendo il gestore aeroportuale ad investire somme consistenti in infrastrutture, uomini e mezzi».

Ma preparato il terreno alla newco di Alitalia, la “rivoluzione” dei cieli pentastellata punta anche ad altro: in primo luogo, il traffico passeggeri verrebbe dirottato per la maggior parte verso Roma Fiumicino e Milano Malpensa, prevedendo un calo di traffico per gli altri scali, con la possibilità per alcuni dei quali di venire utilizzati soprattutto per i veicoli della protezione civile, del servizio anti-incendio, della Polizia, per i volo da diporto e sportivo e i voli cargo. Per farsi sì che non ci siano più «cattedrali nel deserto» la gestione – propongono i senatori Cinque Stelle – non verrebbe lasciata più ai territori. Ci sarebbe la creazione di un ente unico di gestione aeroportuale sul modello dell’Aena spagnolo.

Non è finita, però. perché il ddl, oltre a spingere per regole uguali per tutte le compagnie aeree, prevede anche la ridiscussione delle concessioni aeroportuali, la gran parte delle quali hanno scadenze intorno al 2040.«L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha rilevato – riporta il ddl – che gran parte delle concessioni non sono state assegnate con procedura concorsuale».

Tra gli altri obiettivi della proposta M5s ci sono la ridefinizione del «sistema di tariffazione, tenuto conto della valutazione dei costi sostenuti per gli aeroporti e per tipi di aeromobili»; il contrato a «forme diffuse di precariato» prevedendo un contratto collettivo nazionale per il personale aereo navigante; la «differenziazione dei rifiuti a bordo degli aeromobili».

Inoltre «gli utenti potranno veder riconosciuti i propri diritti senza ricorrere necessariamente all’autorità giudiziaria ordinaria, determinando così una riduzione del contenzioso e, conseguentemente, dei relativi tempi e costi».

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Giorgio Maggi
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