L’onda anomala delle trasferte in Asia

31 Maggio 15:00 2017 Stampa questo articolo

Il business travel italiano cresce. Di poco, ma cresce. Facendo realizzare nel 2016 una spesa complessiva pari a 18,7 miliardi di euro, in aumento dello 0,7% rispetto al 2015. Merito soprattutto dei viaggi a lungo raggio e di quelli all’interno della Penisola, mentre retrocedono le trasferte nel Vecchio Continente.

A spargere una ventata d’ottimismo sullo stato di salute della nostra economia, e di tutti quei brand più o meno famosi del made in Italy che spingono l’export dello Stivale, arrivano i dati appena pubblicati nella prima edizione del Nuovo Osservatorio sui Viaggi d’Affari (Nova). Promosso da AirPlus, Hrs e Lufthansa Group, realizzato da Andrea Guizzardi con il supporto scientico e tecnico del Centro di Studi Avanzati sul Turismo dell’Università di Bologna, e pubblicato da Newsteca, lo studio non lascia spazio a dubbi nemmeno riguardo ai prossimi mesi: stando a quanto ha risposto nei questionari un campione delle aziende italiane con 10 o più addetti (in totale rappresentano circa il 6% delle imprese attive tricolori, ma ben il 54% degli addetti), anche nel 2017 la spesa per viaggi d’affari è prevista (moderatamente) in crescita, soprattutto grazie al settore manifatturiero.

«Sul terziario – si legge nell’Osservatorio – pesano le aspettative negative di alcuni grandi player del mercato finanziario e della distribuzione. Il saldo complessivo tra ottimisti e pessimisti, però, è a vantaggio dei primi (+17%), anche se una grossa fetta (50%) prevede una situazione di stabilità, che rende la previsione più incerta».

Ma come sono andate le cose negli ultimi dodici mesi? Se l’andamento delle esportazioni è stato positivo (+1%), a rafforzare la propensione delle imprese tricolori a viaggiare è stato anche l’aumento dei cosiddetti investimenti diretti all’estero, con il risultato che complessivamente le trasferte di lavoro delle aziende italiane sono aumentate nel corso del 2016 del 2,3%. Tra le destinazioni più gettonate, in linea con l’aumento del segmento intercontinentale (+2,5%), c’è un po’ tutta l’Asia, dove lo scorso anno si è registrata la maggiore espansione dei viaggi internazionali dall’Italia, nonostante il continuo crollo (è il terzo anno consecutivo) del numero delle trasferte verso il Giappone.

Dal canto suo, la Cina conferma il trend di crescita (+4%), anche se sono le destinazioni minori del continente a intercettare i flussi maggiori (+10%), quasi il doppio rispetto all’Africa che pure è cresciuta del 6%, mentre verso Usa e Brasile la stabilità regna sovrana. Tutto il contrario di quanto avviene in Europa, la parte del mondo dove i business traveller nostrani si recano meno volentieri (solo +0,7% rispetto al 2015 l’aumento del numero delle trasferte); qui, se la Russia comincia a riprendersi e i mercati dell’est invece sono in frenata (addirittura la Romania segna un -6%), crollano del tutto le trasferte verso la Francia (-7%), proprio mentre fanno registrare un buon andamento i viaggi nella Penisola (+2,7%).

A rimanere inalterata rispetto all’anno precedente, è invece la durata delle trasferte, che nel 2016 non subisce variazioni, tanto che, per dirla con le parole dell’Osservatorio, «sul mercato domestico cresce soprattutto l’escursionismo d’affari (+2,7%), in coerenza con la crescita delle opportunità di trasporto». Più low cost dunque, e maggiore utilizzo dell’Alta Velocità ferroviaria da parte delle imprese, impegnate come non mai a ridurre le spese e aumentare la produttività, comprimendo la durata del viaggio. Stessa cosa sul fronte delle trasferte internazionali, che si allungano e si accorpano sempre con lo stesso obiettivo di saving. Risultato: i pernottamenti aumentano del 2,1%, così come il numero dei viaggi (più 700 mila), arrivati ormai a toccare quota 29,8 milioni.

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Giorgio Maggi
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