Pricing, la grande sfida. E il turismo resta in bilico

12 Ottobre 07:00 2022 Stampa questo articolo

Si scrive “pricing”, ma si legge “scommessa”: perché il prezzo, ormai, è diventata in assoluto la componente più volatile di un pacchetto turistico. L’adeguamento tariffario, oggi, non è più legato soltanto agli standard qualitativi dei servizi offerti (trasporto, strutture ricettive e servizi complementari), ma è fortemente condizionato dai rincari astronomici dei costi energetici, dalla galoppante inflazione (8-9%) e dalle bizzarrie del trasporto aereo.

La forchetta degli aumenti nell’hôtellerie, al momento, è stimata tra il +15 e il +25%, mentre quella dei biglietti aerei arriva al +110% per taluni voli in Europa e al +70% per il long haul, come denuncia il Codacons. Di conseguenza, la determinazione del prezzo di vendita dei pacchetti, per i tour operator, è diventata una lotteria.

Con un autunno/inverno caratterizzato da incognite e variabili, c’è poi l’effettiva capacità di spesa di quei target – i senior, ad esempio – che un tempo erano il riferimento dei t.o.

E allora, che approccio avere al pricing? Enzo Carella, oggi presidente di Federterziario, ma con anni di esperienza sul campo e grande attenzione alle dinamiche del mercato, osserva: «A ben vedere, il rimbalzo della domanda è stato generale, con una particolare attenzione per i prodotti high value e per i prodotti vocati ai nuovi capisaldi della sostenibilità, del green e dello slow. Tutte soluzioni ad alto valore aggiunto che necessitano di investimenti, personale specializzato e servizi di qualità. Le imprese più accorte sono alle prese con un resizing dell’offerta e con una revisione organizzativa, entrambe necessarie ad affrontare una congiuntura ormai strutturale. È evidente che, in questo quadro, non si può procedere a un mero ribaltamento dei maggiori costi sul consumatore. Occorre costruire prodotti e servizi sostenibili per le imprese e in grado di essere attrattivi per i consumatori, uscendo da una visione quantitativa dell’offerta».

Scegliere o confezionare «prodotti scadenti pur di rispettare i target price – prosegue l’esperto – restituisce prodotti inadeguati per il mercato. In breve: non basta più confezionare prodotti per generare volumi; meglio qualificare l’offerta e generare valore aggiunto per le imprese e i professionisti collegati».

I modelli di pacchetti con “prezzo finito” aggiunge, «sono frutto di un’operazione coraggiosa che implica un elevato fattore di rischio. Possono portare fiducia nel mercato e un vantaggio all’operatore in termini commerciali. Ma diventa essenziale non gonfiare eccessivamente i markup per “coprire” il rischio. I consumatori, ormai, sono in grado di valutare i prodotti e il loro valore reale. Se spari alto senza un adeguato modello di servizi, non vieni neanche preso in considerazione».

Gli adeguamenti sul pricing, osserva ancora Carella, «investono anche ambiti cruciali per la sua costruzione come il trasporto aereo dove i costi di gestione delle compagnie sono alle stelle. Di conseguenza, le tariffe applicate superano abbondantemente i livelli pre pandemia. Quello aereo sarà l’ambito che rischia di più in termini di avanzamento dei prezzi».
«Il nostro – conclude – è un comparto che programma con mesi di anticipo la propria offerta e siamo abituati a essere flessibili, ma gli esercizi a cui siamo sottoposti in questi ultimi anni necessitano di un sostegno reale e di una solida politica industriale a cui fare riferimento. “Ognuno per sé e Dio per tutti” non può durare in eterno».

E mentre le Ota glissano sulle strategie di pricing per il prossimo inverno, a conferma di una diffusa incertezza, sul fronte dei consumatori le associazioni di riferimento stanno già lanciando fragorosi allarmi per l’ondata di rincari.

«Bisogna distinguere tra i contratti già sottoscritti e quelli ancora da sottoscrivere – spiega l’avvocato Carmelo Calì, presidente di Confconsumatori Sicilia – Per i primi, gli aumenti potranno avvenire solo se previsti nel contratto e soltanto per le specifiche e limitate ipotesi contemplate dal Codice del Turismo. In ogni caso, mai nei 20 giorni precedenti la partenza. Per quelli ancora da sottoscrivere, visto che l’aumento è possibile solo se previsto dal contratto, bisogna leggere bene le clausole. Potrebbero infatti contenere delle previsioni di maggior sfavore che autorizzerebbero aumenti ingiustificati. Si tratterebbe di “clausole nulle” in base al Codice del Consumo, se non hanno i requisiti di trasparenza e completa informazione, ma è consigliabile prestare la massima attenzione».

Gli operatori, conclude, «possono poi applicare gli aumenti ma devono fornire la giustificazione e le modalità di calcolo, e la relativa comunicazione deve contenere le modifiche proposte e la loro incidenza sul prezzo del pacchetto. Va da sé che, se gli aumenti superano l’8% del prezzo complessivo, il cliente finale può recedere dal contratto senza alcuna penalità».

L'Autore

Andrea Lovelock
Andrea Lovelock

Guarda altri articoli