I nodi in agenzia di viaggi
nella stagione del “caro tutto”

I nodi in agenzia di viaggi <br>nella stagione del “caro tutto”
26 Settembre 07:00 2023 Stampa questo articolo

Dodicimila euro. È quanto può costare un biglietto aereo di Business Class, andata e ritorno, dall’Italia alle Maldive. Uno sproposito che per una famiglia composta da quattro persone si traduce nel tirare fuori quasi 50mila euro per comprare il solo volo. «È mortificante per un’agenzia di viaggi presentare un tale preventivo. Per la prima volta in quarant’anni di attività mi sono davvero vergognata», racconta Enrica Montanucci, presidente dell’associazione Maavi ma prima di tutto agente, proprietaria di Passaggio In Volo a Roma e con cui abbiamo scambiato una lunga chiacchierata per comprendere meglio cosa sta accadendo, ai tempi del “caro tutto”, nelle oltre 6mila adv italiane.

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Enrica Montanucci, presidente Maavi

Il problema numero uno è certamente il caro voli. In Italia e figuriamoci per l’estero. «Le compagnie stanno facendo cartello – spiega Montanucci – Il rincaro dei prezzi lo si riscontra su qualunque tratta e per ciascuna classe di prenotazione, l’aumento è eccessivo e generale». Fino allo scorso anno, restando sul caso Maldive, per volare in Business il biglietto rientrava nel range 3-5mila euro. Ma per comprendere l’andamento del mercato ci si può rifare anche a un semplice Roma-New York che prima si riusciva a chiudere con 4/500 euro e che ora costa in media 850 euro; oggi le tariffe sono alle stelle e in fase di assemblaggio dei pacchetti, considerando anche la lievitazione dei prezzi degli hotel, gli agenti di viaggi fanno fatica a soddisfare le richieste dei propri clienti.

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«Due sono le cose: o trovi una soluzione adeguata o il cliente lo perdi perché non può esserci giustificazione a certe cifre», rincara la presidente Maavi, secondo cui la distribuzione organizzata può sicuramente tollerare e comprendere il rialzo delle tariffe del 30% ma non del doppio, o addirittura del triplo, sul 2019. Ma in agenzia c’è poi un altro nodo da sciogliere: è quello che riguarda il Mare Italia, «quest’estate non all’altezza dei nostri standard di offerta – aggiunge Montanucci – in modo trasversale, non mi riferisco a un singolo. Anche qui il caro prezzi non trova una spiegazione adeguata». Le agenzie, infatti, parlano di una minore qualità delle strutture e dei villaggi italiani. Su tutto, a non appagare gli agenti c’è il cibo, che in Italia dovrebbe essere un servizio di eccellenza in ogni dove, e l’animazione, che soffre la carenza di personale degli ultimi anni, l’abbandono della gavetta e il ribasso degli stipendi: «Non possiamo permetterci prodotti scadenti, il caro prezzi non è equiparato al miglioramento del servizio, anzi c’è stato un peggioramento generale che può portare la gente a sentirsi ingannata. Le lamentele avute in agenzia sono state tante, e sono state identiche sui diversi operatori. Per questo mi sento di dire che è il sistema nella sua interezza a non funzionare, danneggiando il prodotto Italia e dando vantaggio ai mercati di prossimità, dove uno stesso operatore italiano garantisce un servizio migliore. Se prendiamo un villaggio in Tunisia e uno in Italia, i viaggiatori saranno stati meglio in Tunisia. Questo è gravissimo».

Per Montanucci, dunque, c’è l’evidente volontà di voler approfittare dell’inflazione per recuperare più velocemente quanto perso con la pandemia: per le agenzie di viaggi questo è un grosso problema. È ulteriore terreno scivoloso per un comparto in lenta ma continua emorragia, che secondo l’Annuario del Turismo de L’Agenzia di Viaggi Maga nel 2021 ha visto 990 chiusurenel 2022 quasi 400, portando la quota di mercato a circa 6.400 attività nel post Covid. «Eppure poteva andare anche peggio – dice la presidente Maavi – La botta pandemica ha devastato i conti economici ma ha fatto emergere la nostra professionalità, per questo è irragionevole bruciare quanto ottenuto e rischiare di riconsegnare i clienti all’online. La palla passa ora all’intero turismo organizzato italiano, va fatta una politica di rilancio e contenimento tariffario intelligente che consenta alle aziende di mantenere un livello di prezzi appropriato per tutelare il nostro lavoro».

È il momento di agire con lungimiranza e puntare sulla ricostruzione della fiducia dei clienti, «ovviamente accompagnata da governo e ministero del Turismo con un piano che sia quantomeno triennale». Una verità, quella delle agenzie, che non è così distante da una delle ultime uscite di Federconsumatori che ha stilato discusse “pagelle al veleno” decretando la bocciatura del sistema turistico italiano. Gli imputati? Il caro voli e la solita Ryanair, che il sindacato definisce “un manifesto vivente dell’arroganza e del peggior capitalismo ai limiti della caricatura”; il governo, colpevole di non aver “arginato il deragliamento dei prezzi estivi, dai collegamenti aerei agli ombrelloni, dagli affitti turistici ai ristoranti, dagli alberghi ai coni gelato”; fino a tutto il settore turismo giudicato “inestistente”.

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«Fermo restando che diverse cose, come già detto, corrispondono assolutamente al vero, va specificato che Federconsumatori sbaglia nel fare un minestrone di tutto. Agenzie e tour operator hanno responsabilità civili e penali e raramente possono permettersi di non assistere un cliente in casi di emergenza come lo sono stati gli incendi in Sicilia e in Grecia o il terremoto in Marocco. Noi ci facciamo in quattro per compensare le mancanze di altri. È l’ora che il governo solleciti le compagnie aeree a rispettare la filiera, perché è quest’ultima che si occupa poi di tutelare concretamente i viaggiatori», conclude Montanucci.

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Giulia Di Camillo
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