Tassa di soggiorno, ecco come potrebbe cambiare

Tassa di soggiorno, ecco come potrebbe cambiare
27 Marzo 11:01 2024 Stampa questo articolo

Riforma della tassa di soggiorno: se ne parla da anni e forse è arrivato il momento giusto. Una proposta di Forza Italia è stata illustrata nei giorni scorsi dal presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, e dal senatore Claudio Lotito, promotori di una risoluzione approvata un mese fa in Commissione Finanze al Senato. Con lo slogan “Per un turismo più equo: cambiamo la tassa di soggiorno” la presentazione si è svolta a Palazzo Madama, presenti anche le federazioni di categoria e il responsabile nazionale Turismo di Forza Italia, Carlo De Romanis.

Come ben si sa l’imposta è a carattere locale e viene applicata da anni e da migliaia di Comuni a carico di soggetti che alloggiano nelle strutture ricettive e in territori classificati come “località turistica” o “città d’arte”. L”importo erogato, però, non rimane alla struttura, ma da questa versato all’amministrazione comunale, che lo investe nel settore turistico.

Per i Comuni capoluogo di provincia che, in base alle rilevazioni statistiche, abbiano avuto presenze turistiche in numero venti volte superiore a quello dei residenti, è consentito per legge applicare l’imposta di soggiorno fino all’importo massimo di 10 euro.

La riforma punta a una profonda modifica del  sistema di proporzione della tassa, sul modello del Comune di Bologna, da fissare in base alle tariffe e non alla categoria dell’alloggio, cioè con importi, decisi dai singoli Comuni, “proporzionalmente progressivi alla tariffa applicata per il pernottamento, nei limiti già previsti dall’attuale legge nazionale”.

Attualmente gli importi sono calcolati in base alla categoria dell’alloggio, ma questo – secondo gli operatori e gli stessi promotori della riforma – causa una sproporzione tra le zone di collocazione urbanistica della struttura ricettiva (un pernotto in un 4 stelle di periferia può costare meno che in un 2 stelle in aree centrali o ad attrazione turistica), così come è decisiva la stagionalità (in bassa stagione il peso dell’imposta sulla spesa del pernotto è molto invasivo e può scoraggiare il turista). Inoltre, l’imposta è attualmente mal proporzionata anche tra categorie alberghiere, extra-alberghiere e affitti brevi.

La riforma mira anche a modificare il sistema di riscossione dell’imposta: non più tramite l’albergatore, che al massimo può essere un controllore e non un “esattore delle tasse”, bensì in modalità digitale, utilizzando i più recenti sistemi, che andranno gestiti direttamente dai Comuni.

Infine, terzo e fondamentale passaggio-chiave, la cosiddetta destinazione d’uso delle entrate, che si dovranno stabilire di concerto con le categorie del settore, aumentando così l’investimento degli introiti nel settore turistico, con rendicontazione obbligatoria da parte dei Comuni e servizi diretti concessi al turista.

In estrema sintesi, il testo della riforma inoltrato al governo prevede tre criteri di fondo:

1) un modello impositivo improntato a criteri di chiarezza, semplicità di gestione, incisività, immediatezza del prelievo e gradualità, quantificando l’imposta in importi – decisi dai singoli Comuni – proporzionalmente progressivi alla tariffa applicata per il pernottamento, nei limiti già previsti dalla legge attuale; stabilendo inoltre che l’entrata in vigore di qualsiasi modifica del’importo possa decorrere non prima di sei mesi successivamente alla delibera comunale

2) un sistema di riscossione digitale, diretto e indipendente dalle strutture ricettive, che saranno fornite di tali sistemi – a spese del Comune di appartenenza – e potranno così svolgere un ruolo di mero controllo; prevedere che le attività ricettive che non riescono ad ottemperare a questo ruolo per mancanze strutturali, come ad esempio le locazioni brevi non imprenditoriali, potranno avvalersi dell’intermediazione dei portali di prenotazione.

3) definire con maggiore incisività, anche con strumenti a carattere sanzionatorio, il vincolo di destinazione previsto dalla legge, per le spese effettuate dai Comuni con le risorse assegnate con il gettito ripartito, prevedendo che gli introiti siano dedicati dai Comuni stessi ad investimenti sul settore turistico, anche attraverso il coinvolgimento delle categorie e che la spesa sia rendicontata annualmente ad organi pubblici preposti.

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Andrea Lovelock
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