Voucher e articolo 88 bis: i chiarimenti dell’avvocato Criscione

Voucher e articolo 88 bis: i chiarimenti dell’avvocato Criscione
28 Aprile 14:28 2020 Stampa questo articolo

Ripercorriamo, dal dl del 2 marzo, fino alla conversione in legge del cura Italia, che vede l’articolo 88 bis chiarire ogni interpretazione relativa allo strumento, il percorso dei voucher, che permettono il “rimborso” senza intaccare ulteriormente la liquidità delle imprese in questo momento di crisi legato al coronavirus. Il punto, passo dopo passo, con Carmine Criscione, avvocato e cultore della materia di Responsabilità Civile d’Impresa all’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” e autore del manuale di Diritto del Turismo.

Ci potrebbe spiegare il percorso normativo che ha portato ad adottare lo strumento del voucher?
«Il voucher, per la prima volta, è stato introdotto dal governo con il decreto legge n°9 del 2 marzo 2020 a tutela dei pacchetti e dei biglietti per i trasporti aerei, navali e ferroviari per fare in modo che lo scioglimento per causa di forza maggiore, rappresentata dal Covid-19, dei contratti di acquisto di questi servizi turistici non comportasse a carico del professionista erogatore della prestazione l’obbligo di rimborso del prezzo previsto dall’art. 41 del Codice del Turismo. Pochi giorni dopo, essendo state lasciate fuori da questa tutela le strutture ricettive, il voucher, con il dl n°18 del 17 marzo 2020 veniva esteso anche ai contratti di soggiorno. Il 24 aprile scorso, con la conversione il legge del cura Italia e l’articolo 88 bis finisce per rappresentare una sorta di testo unico sul sistema voucher».

criscione

Avvocato Carmine Criscione

Con la legge di conversione del cura Italia quali sono le novità?
«Il primo aspetto fondamentale che mette la sordina a chi ha parlato troppo e superficialmente sull’argomento è il comma 12 che introduce una sorta di obbligatorietà del voucher. Il contenuto del voucher, le modalità del recesso, la durata e i casi in cui si può ricorrere al voucher sono stati confermati e hanno beneficiato di qualche significativo allargamento. Con il comma 7 è stata introdotta la possibilità anche per l’organizzatore di recedere per forza maggiore senza incorrere nel rimborso totale che gli imponeva l’articola 41 comma 5 del Codice del Turismo. Il comma 5 riconosce alla struttura ricettiva che ha sospeso o cessato l’attività un diritto di recesso e il ricorso al voucher. Sia la struttura ricettiva che recede sia l’Organizzatore che recede o subisce il recesso, hanno fra le opzioni la novità del pacchetto inferiore (rispetto a quello precedente scioltosi per forza maggiore) con restituzione della differenza di prezzo. Nel medesimo comma si fa in modo che in un pacchetto i rimborsi o i voucher siano forniti soltanto quando l’organizzatore avrà avuto il rimborso o il voucher dal suo fornitore, entro e non oltre un termine abbastanza congruo di 60 giorni. Il meccanismo del rimborso o voucher nel termine di 60 giorni è stato esteso anche ai viaggi e iniziative di istruzione nel comma 8. Nel comma 10 il sistema voucher è stato esteso anche ai portali di prenotazione le cui condizioni generali di vendita non potranno mai derogare la disciplina dell’art. 88 bis. Il comma 11 introduce una valvola di chiusura del sistema voucher. Infatti, grazie a questa disposizione, i contratti di acquisto di un soggiorno, di un pacchetto o di un trasporto di persone stipulati con effetto dall’11 marzo al 30 settembre 2020 e che non potessero trovare esecuzione a causa degli effetti derivanti dallo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 si risolveranno e la somma nella disponibilità del professionista potrà essere restituita anche mediante voucher».

Insomma, una vera e propria promozione legislativa del voucher per salvare un settore in ginocchio. Sarà sufficiente?
«L’ad di Tui, il maggior t.o. tedesco, dopo aver avuto un aiuto miliardario dallo Stato, ha espressamente richiesto al governo federale di ricorrere ai voucher e la sua richiesta è stata tempestivamente accolta pochi giorni fa. I tour operator italiani non avranno il governo che li coprirà d’oro e avranno tutt’al più qualche aiutino indiretto. Senza il voucher si aprirebbe il supermarket del turismo italiano allo shopping sfrenato degli investitori esteri. Era necessario. Il rimedio innovativo è stato trovato all’interno del sistema e senza oneri per il bilancio dello Stato: è stata sufficiente una norma».

Ma sul piano giuridico il voucher può rappresentare una disparità di trattamento fra professionista e consumatore?
«Il governo con il voucher ha messo in campo una sorta di innovativa novazione oggettiva ope legis, attraverso la quale viene salvaguardato e prolungato l’interesse delle parti mediante la sostituzione del rapporto obbligatorio preesistente con un rapporto nuovo. Un’operazione che consente di contemperare varie esigenze, sia private che pubbliche. La tutela dei diritti costituzionali nasce da un bilanciamento di interessi contrapposti in funzione di una possibile ed efficace sintesi. In questo momento il legislatore si è trovato davanti a questo scenario: da un lato, un settore in totale default e, dall’altro, gli interessi dei consumatori stessi che, fra l’altro, senza il voucher, sarebbero stati probabilmente costretti, nove volte su dieci, a misurarsi con problemi di insolvenza o fallimento di imprenditori del settore turistico. Secondo lei è più frustrante confrontarsi con un professionista in difficoltà supportato dal voucher o con un curatore fallimentare? È proprio la solidarietà il principio che sta alla base dell’articolo 88 bis: in questa particolare e unica congiuntura economica il legislatore ha fatto la scelta di realizzare il concorso in attività di carattere solidaristico, ponendo in essere una norma di coesione sociale grazie alla quale ciascuno ha la possibilità di dare il proprio contributo al fine di creare le condizioni di una rapida e auspicata ripresa a vantaggio della sopravvivenza e dello sviluppo della comunità intera».

L’Ue potrà giocare un suo ruolo in questo complesso panorama normativo in progress?
«Forse sarebbe opportuno che piuttosto che rilasciare inutili e non ufficiali dichiarazioni alla stampa, gli addetti ai lavori adeguassero e armonizzassero il diritto comunitario del turismo. In questa prospettiva anche l’Italia si dovrebbe allineare in quanto, a mio sommesso avviso, dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 2008 che ha ribadito la competenza normativa regionale in materia di turismo, l’intervento delle Regioni, fatta eccezione per pochi esempi virtuosi, non è stato all’altezza dell’importanza strategica che ormai riveste il settore».

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